30 Dicembre 2022

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Qui rido io, l’eredità di Eduardo

La Napoli del teatro moderno è figlia di Scarpetta. La paternità è sacra, in tutti i sensi. 

 

Dentro quel mondo il commediografo partenopeo, dà vita. In quelle dinamiche crea mondi paralleli non solo immaginari: concepisce personaggi e figli, legittimi e illegittimi. Intrecci saldi di talento e genio, come i fratelli De Filippo.

 

La famiglia è nel teatro, il teatro è nella famiglia: il racconto si fa questione di paternità, non solo biologica, nelle sue mancanze. Vita e arte sono fuse in un unico flusso e nel film di Mario Martone questo aspetto emerge preponderante. A sottolinearlo, forse, un po’, anche la presenza nel cast di Eduardo Scarpetta jr.

 

È una questione di paternità, però, anche sul piano autoriale. Non pago e per rinvigorire il suo successo, Eduardo Scarpetta – interpretato da Toni Servillo – si azzarda nella scrittura di un testo: “Il figlio di Iorio”.

 

Si avventura nella parodia dell’opera di Gabriele D’Annunzio che prima gli concede consenso, poi lo denuncia per plagio. Prende, così, il via la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. 

 

Nel tormento del processo, gode della vita nella sua dimora costruita nel quartiere del Vomero, Villa Santarella, dove sulle mura campeggia l’incisione “Qui rido io”. 

 

Il film ripercorre la vita personale e artistica di Scarpetta andando oltre il ritratto biografico e anche oltre le sue lacune umane, abbracciando ciò che di universale contiene, dona e ispira una personalità così istrionicamente piena. 

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