“Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie.
Quello che veramente ami non ti sarà strappato,
Quello che veramente ami è la tua vera eredità”.
Andare al cuore delle cose, degli avvenimenti di cui è stata testimone: questo è ciò che ha veramente amato Letizia Battaglia. La sua eredità si staglia tra il bianco e nero di scatti attraverso cui penetra nel fondo più autentico della realtà.
È la prima fotogiornalista in Italia a lavorare per un quotidiano (L’Ora), con le sue fotografie ha rivoluzionato il significato delle immagini nel racconto di cronaca oltre che la sua intera esistenza. La sua storia di donna, madre, fotoreporter, politica, si incaglia nella storia di Palermo, la sua città, insanguinata dalla guerra di mafia.
«A Palermo – scrive nella sua autobiografia – mi lega una relazione simbiotica: se Palermo soffre, soffro anche io. E di momenti dolorosi ne abbiamo attraversati tanti insieme. (…) Ma voglio dire a queste giovani creature che io ci ho provato, che ci abbiamo provato in più persone a eliminare lo sporco della nostra terra. Non ci sono riuscita, ma voglio che lo sappiano, che ci ho provato ogni giorno della mia vita.»
Tra impegno civile ed esaltazione della bellezza, della libertà, con il suo sguardo diretto, intenso, sincero quanto drammatico, coraggioso e mai giudicante, Letizia imprime su pellicola uno squarcio neorealistico irripetibile. Racconta la vita e anche la morte. I suoi scatti di cronaca sono diventati documenti storici, ma anche fonte di satira sul mensile di cultura e politica “Grandevù”, o ancora sperimentazione onirica con il progetto “Gli invincibili”.
Letizia è lì quando, nel 1980 a Palermo, il Presidente della regione Sicilia, Piersanti Mattarella viene assassinato da killer mafiosi davanti alla moglie e alla figlia. È lì quando, nel 1982 a Palermo, il giudice Giovanni Falcone si reca ai funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. È lì a documentare i numerosi delitti di mafia succedutisi in quegli anni. È lì quando decide di scrutare il volto della sua città riflesso nella gente comune che vive quella terra, bambini e donne per primi, ma non solo. Povertà e ricchezza di una Sicilia rarefatta emergono tra le sfumature di un variegato spaccato sociale di cui la sua fotografa ci dona piena dignità.
Fino al prossimo 19 maggio l’eredita di Letizia Battaglia, le sue foto, sono in mostra a Salerno che, per l’occasione, è divenuta un vero e proprio museo diffuso. Fulcro dell’esposizione “Letizia Battaglia – Una vita. Come un cazzotto, come una carezza” è Palazzo Fruscione. Da lì, poi, il percorso si snoda in alcuni punti del centro storico della città: il dialogo tra i luoghi e le immagini restituisce con ancora più intensità l’esperienza visiva, la potenza delle fotografie di una donna che ha messo in gioco se stessa per la costruzione di una società più giusta.
«Io rispetto e amo troppo la libertà, è per tutti sacra e a tutte le età. La libertà, per me, è stata una scelta di vita e una conquista, mi ha permesso di non avere dipendenze, di costruire un nucleo potente dentro di me, di appartenere solo a me stessa.»
Letizia Battaglia
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