Ennio va a tempo anche quando fa esercizio fisico sul tappeto di casa. La scansione dei gesti per armonizzare il corpo nell’insieme delle azioni, è pari a un maestoso concerto. Tutto è frutto di una profonda conoscenza di sè, del ritmo, dell’andamento di una partitura, insomma, di quel che per lui è ossigeno: la musica.
La musica per Ennio non è solo un linguaggio, è una firma di trascendenza che porta oltre. La musica, come la vita, si può fare solo in un modo: insieme.
Ed è grazie alla sua capacità di tenere insieme le note, di cucirle addosso agli strumenti che le genereranno, di considerare l’umanità del suono, che Ennio scrive la storia della musica, soprattutto di quella legata al cinema quale autore di colonne sonore di centinaia di film.
Ogni sua melodia racconta una storia, gli aneddoti riportati nel documentario a firma di Giuseppe Tornatore sono preziose testimonianze nella ricostruzione della sua carriera quanto della persona/personalità.
Compositore, direttore d’orchestra illuminato, arrangiatore, nella sua carriera ha attraversato ambiti ed esperienze eterogenee: ha sdoganato, con non poca sofferenza, la “musica da cinema” portando grazia e dando valore a un ambito considerato, nel suo ambiente, meno aulico.
Lui è uno sperimentatore, con lungimiranza unisce la sua profonda cultura classica a un forte istinto innovatore che coltiva senza remore: sbalordirà sapere che ha applicato Wagner a una canzone scritta per Morandi.
Ennio è un poeta del suono, quel suono che diventava meta-immagine nel flusso di una storia in 16:9. La sua “musica assoluta” è, perciò, memoria collettiva, non solo cinematografica.
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