“Voglio andare fino in fondo a me stesso
Voglio andare fino in fondo alla mia vocazione
Voglio uscire dai rapporti convenzionali
Voglio essere un clandestino
Voglio scoprire le cose nella loro vitalità”
L’altro sguardo di Antonio Neiwiller si fa materia magmatica dentro l’ardire de “La memoria bucata”. In questo lavoro Antonio Raia, compositore e musicista, si immerge nella parola-azione di uno tra i più grandi maestri del teatro contemporaneo. Ne fa vibrazione.
La riporta alla luce nella poesia di una dolcezza narrativa che abbraccia limpide asperità di suono e silenzi. Voce e fiato, a scandire il ritmo del racconto. Asperità che nella loro apparente ruvidezza trasportano nella densità esplosiva dei contenuti.
Neiwiller e Raia condividono Napoli, escandescenza di fuoco e luce che si fa radice di identità. Condividono il pensiero-laboratorio, che crea contaminazione espressiva. Condividono profondità, in un dialogo tra arti nell’arte.
Un dialogo tra i due, in un confronto continuo con se stessi e con gli altri, con il tempo vissuto, per trovare una propria voce. Un’incisione dentro se stessi, scavando a fondo, in maniera incessante, soffrendo non poco per trovarla.
«Ogni giorno, ogni maledetto giorno lavoro per scovare le infinite crepe nel senso logico delle cose – scrive Raia -. Atrocemente, nudo e fedele ai colori più accesi soffio al sassofono dando la caccia a ogni falso sentimento della banale trama. Sento che non c’è più tempo per restare in superficie. Allora armato di bussole dell’altrove provo a navigare negli abissi dell’uomo, cosciente che ogni crisi è un’opportunità di nuova vita».
È esperienza del sublime questa tra carta, parola-corpo, suono. Una contaminazione di strumenti alternativi che si fanno unicità in un libro-installazione sonora, immateriale, eterea quanto eterna, che si serve anche dell’elettronica per armonizzare il con-testo e «portare odori nuovi, lì dove l’aria stagna da tempo».
“La memoria bucata” è custodia di densa intimità, quella che volge lo sguardo all’interno di sé per essere aperti all’altro(ve). Quella che sa fare di questo sguardo interno consapevolezza di sé, di chi si vuole essere nel mondo, anche andando contro il pensiero dominante, le logiche di mercato con le loro macerie, regole dettate da interessi economici più che da un principio di umanità sempre più necessario. Le pagine raccolgono riflessioni personali di Raia, appunti presi nel corso del suo lavoro cominciato nel marzo del 2018 per concludersi nel settembre del 2022.
Ci sono estratti inediti dai diari di Neiwiller, messi a disposizione dalla famiglia. Impreziosiscono il lavoro i disegni a grafite su carboncino di Rosario Vicidomini a partire dai due grandi occhi sul mondo che emergono in copertina. C’è la voce di Antonio Neiwiller raccolta da audio e video originali dell’autore. C’è il sassofono di Antonio Raia, con il suo modo di suonare molto fisico, affine ad un’azione teatrale.
«I suoni che cerco muoiono e uccidono con innocenza, talvolta giungono da strade piene d’ombra, hanno odori sconosciuti – continua Raia -. Sono fatti di sostanze effimere e misteriose, sono stanze sommerse di libri aperti scritti in lingue sconosciute, sono ancore per cuori soli. Sanno costruire labirinti, trasformarsi in ciliegie rosso scuro, gatti docili, città sconosciute, mani consumate dal lavoro, volti severi che accennano un sorriso. Talvolta scavano nel sottosuolo della memoria, trafiggono tutto come fossero raggi tra nuvole estive, sostengono storie di ogni tipo, sono pastori di anime selvagge, sanno leggere la quiete e sostenere violente battaglie».
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