13 Ottobre 2020

freccia sx torna indietro

Notturno, la luce di Rosi nel buio della guerra

C’è un silenzio che racconta. Un sostrato di assenza, quello della parola fatta superflua di fronte alla potenza delle immagini. Dettagli, soggettive, riprese a campo totale dove ciò che a occhi disabituati potrebbe sembrare il disegno di un tramonto in realtà è un arancio che ha il sapore della distruzione. Esplosioni continue su quell’orizzonte, fra canneti e pozzi di petrolio, registrate in presa diretta.

 

“Notturno”, il documentario di Gianfranco Rosi, è arrivato al cinema. La pellicola scorre e la sua luce sul buio delle guerre conforta di una certa libertà. Proprio quella della narrazione, che fa una scelta precisa: raccontare la vita a partire dall’umanità, dalle storie delle persone che Rosi ha incontrato nel corso dei tre anni trascorsi sui confini fra Siria, Iraq, Kurdistan, Libano. Confini mai esplicitamente citati, dei quali riconoscibile è solo quello che accade a luoghi e persone.

 

Un orizzonte, quello Medio Orientale, insanguinato. Eppure tra le immagini che scorrono la guerra non appare, ma la sua presenza diventa visibile nei disegni dei bambini di una scuola elementare dove una maestra cerca di captare il pensiero e le emozioni dei suoi alunni, nelle urla di una madre in visita alla prigione dove il figlio è stato torturato e ucciso, nella quotidianità delle guerrigliere peshmerga, nei posti di blocco come nelle prigioni dove vengono ammassati i detenuti, nella fragile povertà di quelle famiglie saccheggiate di futuro, dove il salotto di casa diventa ogni notte luogo che accoglie il riposo di una famiglia intera, dove un ragazzino come Alì, appena adolescente, deve (pre)occuparsi di trovare un modo per sfamare i suoi piccoli fratelli.

 

La storia di quel pezzo di mondo diviene palpabile nel racconto degli ospiti di un manicomio grazie al linguaggio del teatro. Gianfranco Rosi ne ha ripreso le prove per un mese: attraverso la mediazione della rappresentazione, il linguaggio del corpo e del silenzio, il teatro come terapia e strumento per affrontare il reale, prende voce un testo che parla di passato, presente, Isis. Prendono voce le urla di pace di quegli uomini e quelle donne internate in logiche di potere che li hanno privati, di fatto, di una vita normale, relegandoli a un’esistenza in cui lo scenario quotidiano è fatto di violenza e macerie, è scavato dalle ferite di conflitti e occupazioni, guerre civili e dittature, invasioni e ingerenze straniere, divisioni non solo geografiche.

 

In “Notturno”, presentato in anteprima alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e distribuito da 01 Distribution, c’è il racconto della sopravvivenza al quotidiano. C’è un racconto del reale, tra intimità e oggettività, tra astratto e concreto, che ha come protagonista l’essere umano, la sua dignità. Quella impressa negli occhi di Alì, il cui sguardo intenso prende la parola senza dirne neppure una, apre un dialogo incerto e vibrante, sospeso come quello del Medio Oriente.

I contenuti presenti su questo sito sono di proprietà di Abellezz©
È vietata la copia e la riproduzione, anche parziale, dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
È vietata la pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti non autorizzata espressamente dall’autore.
Copyright Abellezz© 2020-2024 Tutti i diritti riservati – All rights reserved